lunedì 20 maggio 2013


MARIO S’E’ FERITO MA NON A UNA GAMBA

Non amo il calcio e non sono mai stato di quelli che venivano scelti per primi, nel far le squadre, sugli improvvisati  e polverosi campetti di calcio che ho frequentato durante il periodo delle scuole elementari. Mio figlio, ovviamente,  è una  sorta di invasato. Letteralmente stregato da questo gioco. Non so quanto portato, non ho le competenze ne la voglia per esprimere una valutazione. Dal mattino si parte con la scelta della palla adatta, dell’abbigliamento più adeguato alle fantasticate sfide. Mi ha confidato un sogno: vedere il suo piede crescere fino al numero 28 così da poter acquistare le scarpe di “cancio”. Marca Decathlon. Le migliori, gli dico sempre.
Mio figlio ha un idolo. Si chiama Mario Balotelli, è tutto marrone ed è un campione vero.
 Ho ancora qualche resistenza nel monopolizzare le serate davanti a una partita di calcio, e ancora di più nel proporgli di andare allo stadio. Ma alle sue insistenze cedo mostrando dei video di Mario Balotelli su YouTube.
Confesso. Mario Balotelli ha stregato anche me. In ogni suo gesto, atteggiamento, o modo di porsi c’è la sua rivincita, accecata e irrazionale, che solo chi è stato scottato nell’affetto potrà capire.
Mario è stato posto in affidamento presso una famiglia della provincia di Brescia quando aveva meno di due anni. La prima ferita di Mario.
A Brescia Mario è cresciuto in una famiglia che lo ha fatto sentire figlio, ma per l’anagrafe e per il Tribunale Mario era ancora cittadino straniero. La seconda ferita di Mario.
Mario a calcio gioca bene e se ne accorgono presto. Inizia giovanissimo e i successi non mancano tanto da poter pensare di giocare nella Nazionale. A Mario viene proposto di giocare nella nazionale Ghanese ma in quella Italiana nemmeno per sogno. Mario ha origini Ghanesi, ma in Ghana non c’è mai stato.  La terza ferita di Mario.
L’affidamento di Mario si trascina per sedici lunghi anni, finalmente giunge alla maggiore età. Ed è a lui, da un giorno all’altro diventato uomo, che si chiede come si vuol chiamare di cognome. Di chi vuole diventare ufficialmente figlio. La quarta ferita di Mario.
La scelta di Mario è determinata ma non scontata. Molte le situazioni di affidi “sbagliati”, che si ostinano a chiamare sine die, in cui i ragazzi, a diciotto anni, posti di fronte a questa scelta, non sanno più cosa vogliono, a chi appartengono. Il senso di colpa legato a questa scelta, quale che sia, è lacerante.
Mario diventa Mario Balotelli. Il Comune, con cerimonia annessa, concede la cittadinanza italiana, a lui, dopo diciotto anni di permanenza  costante in Italia, con una famiglia che di cognome fa Balotelli! La quinta ferita di Mario.
Se il sogno di ogni bambino senza una famiglia è quello di trovarne una, amorevole e capace, il sogno di ogni calciatore è quello di poter giocare in un grande club. E l’Inter, mi risulta, è uno di questi.
Mario incontra l’Inter.
Sa di essere amato e per questo deve mettere alla prova.
Qualche giorno fa Mario, al termine di una partita importante, si è tolto la maglia della squadra che l’ha voluto e l’ha buttata a terra. In segno di spregio. Lo stesso giorno, un altro diciottenne, al termine di una discussione accesa in casa, ha detto alla madre adottiva “Tu non sei la mia vera mamma”. In segno di spregio. La sesta ferita di Mario.

Marco Porta
  

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