mercoledì 24 aprile 2013


L’altalena delle emozioni – di Patrizia Giorgetti

India, 7 febbraio

Anni di attesa, mesi di rinvii, giorni in altalena tra speranze, delusioni, fiducia e timori, ora eccomi seduta con Enrico, mano nella  mano, sul sedile dell’auto che ci sta portando da te.
Fuori scorrono le affollate strade indiane, dentro al mio cuore passa uno tsunami di sentimenti.
Questa notte non riuscivo a dormire, ”saprò essere madre? Saprò essere la tua mamma?”, un grande senso di responsabilità si è seduto sulle mia spalle e con lui  la paura di non essere capace, di non essere all’altezza di questo grande compito che è accoglierti con tutto l’amore che meriti…poi mi dico che essere madri è sì una cosa che s’impara con l’esperienza ma è anche un istinto ancestrale, animale, che suggerisce le risposte giuste se lo si ascolta ed è dentro la mia pancia come dentro le pance di tutte le madri che mi hanno preceduto e si farà sentire al momento opportuno, ne ho la certezza.

Ti vediamo arrivare per mano ad una delle tue signorine, tutta vestita di rosso, rosse le scarpe, rosse persino le mollettine con cui tieni i capelli, lucidi e neri,tirati, alla moda indiana.

Ci chiami in inglese mamma e papà e da questo preciso istante sento che  nessuno di noi tre sarà mai più solo.

Prendi subito il papà per mano, scegli lui,me l’avevano spiegato che a volte può essere così, uno dei due viene preferito all’altro all’inizio e con questa consapevolezza scaccio la piccola fitta di gelosia che  mi si era incuneata  dentro al petto.

Mi lascio sommergere dall’emozione,il cuore sembra un treno ad alta velocità, mentre osservo i tuoi piccoli piedi nudi ed i tuoi passi che ci accompagnano a visitare il Bhasundara: la tua cameretta che ci mostri orgogliosa,i tuoi amici,Lily, la tua housemother che sta già cominciando a piangere la tua prossima partenza, Gori Didi il tuo sostegno ed affetto maggiore, la classe con i banchi di legno dove tu, che oggi sei protagonista, ci canti una canzone:poi il pranzo insieme, i regali e cominciano i saluti.

Ed viene l’ora dell’addio all’orfanotrofio, ho l’immagine stampata qui e ce l’avrò per sempre, ti siedi recalcitrante sul sedile posteriore dell’auto e piangendo come una fontana con grossi singhiozzi sonori, continui fino all’ultimo istante a restare voltata e con le braccia protese verso quello che da adesso sarà il tuo passato, proiettata verso un futuro certamente desiderato ma ignoto.

Italia, 10 mesi dopo

Dieci mesi ormai passati,tu sempre più bella, la  tua statura  è cresciuta ed anche i capelli, ora ricci naturali alla moda italiana.

 Parli italiano in modo fluente - straordinario dopo così breve tempo- ti sei lamentata non poco che “l’italiano è difficile” e ti abbiamo sempre dato ragione sostenendoti ed aiutandoti negli innumerevoli cambiamenti che hai dovuto e continui a sostenere.

Certo non sempre è stato facile, tu hai già il tuo carattere ben definito, noi anche ed a volte non ci siamo proprio capiti e gli scontri sono stati inevitabili, le differenze linguistiche e culturali  non aiutano nella comprensione delle sfumature ma alla fine riusciamo sempre a capirci ed a parlarci ristabilendo l’equilibrio naturale che sentiamo sotteso alla nostra famiglia, torna il meraviglioso sorriso che ti sgorga dal cuore.

Certo sappiamo che ti manca tanto l’India mentre scorre la tua vita, quella che dovrebbe essere la vita normale per qualsiasi bambino, tra scuola, nuove amicizie, sports e così via; sappiamo che senti nostalgia delle tue canzoni, dei tuoi amici, della tua gente, della tua lingua, di tutto dei tuoi luoghi e siamo felici che tu mantenga tramite skype un contatto quasi quotidiano con la terra dove hai aperto gli occhi per la prima volta; sappiamo che in te ci saranno sempre due cuori e ti siamo accanto.

Qualche giorno fa ci hai scritto una lettera che ci ha fatto piangere, dicendoci: “grazie  a voi che mi avete portato in Italia e che  ora posso chiamare mamma e papà, per 12 anni non avevo mai potuto pronunciare queste parole e neanche nonno, nonna, zio, zia, cugine” ma siamo noi a dirti grazie per averci resi genitori aiutandoci ad allargare i nostri orizzonti di cuore, di anima, di cultura, di accoglienza, di consapevolezza, di amore.

E te lo ripetiamo più forte:”Grazie Barsa”.

Mamma Patrizia

lunedì 22 aprile 2013


Diario di viaggio – di Marco Di Egidio


3/11. Stasera ci presentiamo in aeroporto a Malpensa. Dopo oltre 3 anni farciti di corsi, colloqui, uffici pubblici, fotocopie autenticate ed apostille, possiamo finalmente incontrare le nostre figlie.
Abbiamo fino a 30kg di bagaglio ciascuno; un trolley per trasportare i bagagli ci costa “solo” 2 Euro. Fa niente.
Il check-in elettronico da casa è stato inutile: i posti erano stati preventivamente assegnati dalla compagnia aerea, ma va bene così. Alle 21.20 si decolla direzione Dubai dove si farà scalo la mattina successiva. Volo perfetto, il cibo a bordo comincia ad essere esotico.

4/11. Sbarchiamo all’alba, girovaghiamo per l’infinito ed esagerato duty free dell’aerostazione di Dubai fino a mezzogiorno. Alle 13.00 locali circa imbarco e decollo per Calcutta dove atterriamo dopo le 19.00. Volo ok, il cibo a bordo sempre più speziato…
La struttura dell’aeroporto di Calcutta e specialmente i bagni non sono certo quelli di Dubai.  Comunque nessun problema particolare al controllo passaporti. Le valigie arrivano rapidamente sul nastro e poi qui l’uso del trolley è gratuito….
All’uscita incontriamo il referente, Rajeev. Dopo i convenevoli ed una breve attesa ci raggiungono gli autisti che caricano su due auto i nostri bagagli. Ci dividiamo a coppie e saliamo sulle auto. Le auto sfrecciano direzione città. Attraversiamo la periferia. Ci accorgiamo subito che la circolazione del traffico è “regolata” dallo strombazzare continuo dei veicoli, i sorpassi avvengono indifferentemente a sinistra ed a destra, animali liberi, tuk tuk e velocipedi permettendo.
Giunti in albergo, si decide di saltare la cena. La camera è piuttosto confortevole ma l’acqua è freddina ed il climatizzatore rumoroso. Resteremo soltanto una notte quindi apriamo pochi bagagli e ed individuiamo i documenti per il consolato italiano. Finalmente si dorme.

5/11. Ci ritroviamo a colazione con Rajeev. Da questo momento cerchiamo di non correre rischi per l’intestino quindi attenzione ai cibi crudi ed alle bevande sfuse. Il referente ci chiede in anticipo alcuni documenti da presentare al consolato italiano per ottenere il visto d’ingresso delle ns. bambine: soltanto le fotocopie dei ns. passaporti, il resto l’ha portato lui. Eppure noi abbiamo in valigia un altro mezzo chilo di carta stampata per questa occorrenza!…
Alle 9.30 si parte direzione consolato. Attraversiamo numerosi isolati e ci rendiamo ancora più conto della vita e del folle traffico di questa città. Alle 10.00 ci riceve il console. Rajeev consegna i documenti ed i passaporti delle bimbe, il console si impegna a darci i passaporti con visto delle bambine alle 15.30. Quindi risaliamo in macchina e dopo alcuni chilometri ci fermiamo davanti al monumento alla regina Vittoria. Foto di rito poi si riparte. Ci rechiamo in un caffè del centro. Ci rendiamo conto che a Calcutta l’attraversamento a piedi di un viale è ardua impresa nonostante il semaforo. Tra un sorso e l’altro iniziamo a fare domande a Rajeev. Per esempio, sarà possibile che ogni coppia viva l’emozione di incontrare la propria figlia privatamente anziché tutti insieme nella stessa stanza? Non c’è problema, telefonerà per prenotare due stanze separate all’interno dell’istituto.
Rientrati in hotel pranziamo tutti nella camera di Rajeev, poi raccogliamo i bagagli e lasciamo definitivamente l’albergo. Alle 15.30 in punto siamo al consolato, riceviamo i passaporti con visto delle ns. bambine e gli auguri del console (che suo malgrado dovrà restare altri due anni a Calcutta).
Saliamo in auto e partiamo direzione aeroporto. Nel tragitto la prima significativa emozione: osserviamo per la prima volta i passaporti delle bimbe e troviamo nell’ultima pagina i nomi dei genitori, ovvero i nostri.
Giunti in aeroporto, ci rechiamo prima allo screening delle valigie poi al check-in. Rajeev accompagna uno di noi a pagare una sovrattassa totale di 4000 Rupie poiché il peso del bagaglio a persona eccede 20kg. Pazienza, per i voli interni ce lo aspettavamo.
Decolliamo e dopo poco più di un’ora atterriamo a Bubhaneswar (Orissa). I bagagli arrivano presto sul nastro e anche qui l’uso del trolley è gratuito.
E già buio, fuori dall’aeroporto ci attendono due autisti. Caricano a fatica i bagagli sulle loro piccole utilitarie ed in pochi minuti ci portano in hotel. La procedura di check-in è stranamente lunga. Le stanze sono essenziali, il climatizzatore zoppica ma il suo flusso aggredisce gola e cervicale. Poiché fuori è umido, meglio non spegnere quindi deviamo il flusso con lo schienale di una sedia. Alle 21.00 cena a buffet tutti insieme. Alle 22.00 si va a dormire, chi riesce…

6/11. Sveglia alle 7.00, colazione alle 8.00, torniamo in stanza e ci prepariamo definitivamente per l’incontro della vita. Ci infiliamo l’abito per l’occasione, ci sistemiamo al meglio poi alle 9.30 appuntamento con gli autisti che caricano in auto le borse cariche dei doni per le nostre bimbe e per l’istituto. Si parte direzione Cuttack.
Dopo 10 minuti ci fermiamo in una frazione per ricaricare le sim telefoniche prestateci da Mehala. Veniamo subito avvicinati da mendicanti. Ripartiamo. Giunti a Cuttack, costeggiamo la valle del fiume per un lunghissimo tratto poi all’improvviso gli autisti svoltano a sinistra in un viottolo dove incontriamo un uomo vestito di stracci e capre che brucano tra i rifiuti. Ecco, dopo poche decine di metri siamo di fronte ad una struttura che intuiamo sia l’istituto delle ns. bimbe. Viene aperto il cancello e gli autisti entrano con le auto.
Scendiamo e subito ci rendiamo conto di essere osservati. Qualche bambino ci saluta con la mano. Rajeev ci accompagna fino al porticato e ci presenta il manager ed alcune collaboratrici. Saliamo al piano superiore. Rajeev ci divide in coppie e ci fa entrare in due diverse stanze chiamate guest rooms. Ci indica il bagno, se dovessimo averne bisogno. Scopriremo più tardi che le stanze sono distanti tra loro parecchi metri. La tensione sale. Passano circa 5 minuti di attesa, osserviamo noi stessi, stanza e cortile, cortile e stanza…
All’improvviso due signore accompagnano la nostra bambina verso di noi. Ha un mazzolino di fiori in mano che consegna alla mamma. Ecco da questo momento le emozioni saranno davvero intense ma occorre precisare che le bimbe si comportano in modo diverso:
Silly è sorridente ed impaziente, abbraccia e prende subito confidenza con mamma e papà. Riceve molti regali, si gioca subito.
Manisha è impaurita seppure incoraggiata dalle sue accompagnatrici. Si avvicina ai nuovi genitori ma è irrigidita. Non parla. Mamma e papà gli donano una macchina fotografica che potrà usare per immortalare gli amici e gli istanti dell’incontro. Silly possiede già una macchina fotografica.
Nella stanza di Silly entra Santhi, la sua tata (in istituto si chiama housemother) accompagnata da Subra, detta anche “Grande Sorella”: è emozionata, fa capire che desidera notizie di altri suoi bimbi partiti per l’Italia alcune settimane prima. Non si riesce a spiegare che stanno bene.
Dopo pochi istanti Santhi e Subra si presenta disperata nella stanza dell’incontro di Manisha: qui viene rassicurata ma l’emozione nell’aria supera il limite e Manisha si mette a piangere a dirotto. Forse è meglio così.
Dopo alcuni minuti Manisha prende coraggio ed inizia a scattare fotografie a mamma e papà, finalmente lascia conoscere la sua voce e sorridendo trascina i nuovi genitori in giro per l’istituto. La famiglia di Manisha si ritrova nella guest room di Silly. Si festeggia con giochi e palloncini.
Veniamo tutti invitati una prima volta nella classe unica dove incontriamo gli amichetti scolari (di tutte le età) e l’insegnante Namita. Poi Rajeev ci accompagna tutti nell’ufficio della direttrice. Sono presenti anche il manager ed alcuni stretti collaboratori. Ci presentiamo, le solite battute sul clima in Europa ed in India poi la direttrice ci informa che siamo invitati a pranzo all’interno dell’istituto. A questo punto Rajeev ci invita a mostrare i doni che abbiamo portato per l’istituto. La situazione inizia ad essere imbarazzante: apriamo una grossa valigia ed una borsa zeppe di indumenti per bambini e giocattoli donati dall’associazione Mehala all’istituto. Rajeev mostra il contenuto al personale e lo appoggia delicatamente sul pavimento. Le bimbe si avventano su un cellulare giocattolo ma Manisha è più lesta provocando le rimostranze di Silly (accidenti, quel giocattolo resterà conteso per tutto il giorno). Rajeev ci invita poi ad appoggiare sulla scrivania della direttrice i regali che abbiamo portato per il personale specificando quelli che ritenevamo dovessero essere i destinatari. Non conoscendo le persone e tantomeno l’organizzazione dell’istituto, ogni coppia aveva preparato cinque pacchetti regalo per il personale femminile (le tate o assistenti) e due pacchetti regalo per il personale maschile. Per fortuna Francesca ha portato anche un sacchetto colmo di rossetti per tutte le signore. Francamente non abbiamo capito se fossero soddisfatti o delusi dei nostri doni. Ci rassicurerà Rajeev più tardi. Usciamo dalla stanza e le bambine ci portano a visitare la sala di ricreazione dove si trovano molti bambini piccoli ed il personale che si prende cura di loro. Togliamo le scarpe prima di entrare. Passiamo un po’ di tempo giocando con i bambini e scattando fotografie poi veniamo trascinati ancora in classe dove distribuiamo ai bambini vocianti palloncini e trombette. Siamo letteralmente presi d’assalto.
Veniamo tutti e sei accompagnati a pranzo in una grossa sala dove campeggia la gigantografia del Mahatma Gandhi. Anche Rajeev, il manager ed il suo più stretto collaboratore pranzano con noi. Il cibo è vario, saporito e speziato. Ci è piaciuto.
Usciamo e passiamo altro tempo facendo fotografie con gli amici delle bimbe ed il personale dell’istituto. Visitiamo la stanza della Grande Sorella che ci lascia il numero di telefono.
Veniamo accompagnati ai piani superiori a visitare le stanze delle ns. figlie che sono contigue. Osserviamo anche i bagni dignitosi e la cucina.
In veranda due neonati nudi giacciono su un tappeto a prendere luce. Facciamo conoscenza con le tate, specialmente Gita che si è occupata di Manisha per oltre due anni. Ci consegnano alcuni oggetti personali delle bimbe. Gita ci da il numero di cellulare e ci invita a farsi chiamare da Manisha e Silly quando vorranno e sarà possibile. Ci chiedono anche di accompagnare Silly e Manisha in visita quando saranno più grandi.
Manca poco alle 14.30, ci accingiamo a partire ma prima le bimbe ci accompagnano in altre stanze a fare visita ad altri amici.   Ci rechiamo nell’ufficio della direttrice che saluta tutti ed abbraccia le bambine: Silly è contenta, Manisha si intristisce e comincia a singhiozzare.
Attraversiamo il cortile e ci dirigiamo verso le auto. Silly corre impaziente e non si volta a salutare, sale in macchina e sembra che non veda l’ora di uscire dal cancello per conoscere il mondo fuori.
Manisha invece cammina rapidamente a testa bassa e singhiozzante, non si volta e sale in auto. Salutiamo noi i presenti. Comprendiamo che Santhi e Gita hanno preferito ritirarsi in camera. Le auto partono. Manisha piangerà finché non si addormenterà sulle ginocchia della mamma.
Ci fermiamo in un centro commerciale per acquistare delle scarpe chiuse per le bimbe. Manisha riprende a piangere. L’umore migliorerà quando in un negozio di giocattoli Manisha e Silly conquisteranno un altro cellulare giocattolo ciascuna (rigorosamente identici) oltre ad altri giochi. Proseguiamo e torniamo in albergo. Silly rovescia sui letti i suoi giochi ed inizia a saltare, Manisha invece è contenuta dalla sua tristezza e gioca timidamente con delle macchinine.
Ci ritroviamo tutti a cena e prendiamo istruzioni da Rajeev per la giornata successiva. Quando arriva l’ora di tornare i camera, Manisha insiste di restare con Silly. Ovviamente non gli viene consentito. Le bimbe dormono con le mamme. Manisha avrà una notte agitata.

7/11. Al risveglio le bimbe giocano sul letto per un po’. Proviamo a partecipare. Ci prepariamo e ci ritroviamo a colazione. Incontriamo Rajeev pronto a ripartire da solo, ci salutiamo. Mentre Rajeev si allontana Silly diventa seria e Manisha ricomincia a piangere. Per loro era l’ultimo collegamento sicuro con gli amici dell’istituto. Raccogliamo i bagagli e partiamo anche noi. Manisha piangerà ancora in macchina verso in aeroporto.
Prendiamo un volo già prenotato per Nuova Delhi. Le bambine sono esaltate per la nuova esperienza. Arriviamo a Delhi dove veniamo accolti dagli autisti dell’hotel. Giunti in albergo ci vengono assegnate due stanze vicine. Ci rendiamo conto di essere in un residence di prima categoria. Esagerato rispetto alla semplicità della struttura e della vita in istituto. Da questo momento abbiamo il sospetto che le bambine credano di essere in Italia.

8-13/11. I giorni successivi saranno simili, scanditi dai pasti, dai giochi al parco e dai bagni in piscina.
La monotonia di questi giorni viene interrotta da un’escursione al centro commerciale e dalla visita del Taj Mahal ad Agra. Spesso le bimbe ci mettono in difficoltà per i loro capricci ed i loro litigi.
In prossimità di alcune vetrine divengono incontenibili mostrando il desiderio per alcuni oggetti mentre rifiutano le nostre proposte alternative. Eppure ci avevano detto che i bambini istituzionalizzati non sanno scegliere!
Silly è molto esuberante, invece Manisha è vanitosa e desidera restare sempre accanto all’amica Silly. Prova a perseguire il suo obiettivo cercando la solidarietà di Francesca attraverso il gioco ed il contatto fisico. Per un po’ ci riesce ma provocherà la gelosia di Silly e metterà a dura prova la pazienza di Antonella.
Manisha chiede sempre di telefonare agli amici dell’istituto. La assecondiamo sempre. Invece Silly è meno interessata. Al risveglio Manisha rivede le foto dell’istituto e ancora gli scende qualche lacrima.

14/11. Finalmente si torna a casa. Al check-in abbiamo qualche problema con i posti, ne parlerò con il Sig. Gargari che comunque ha fatto un lavoro eccellente permettendoci di prenotare i voli con un forte risparmio.
Al controllo dei passaporti, l’ufficiale ci congeda con i suoi auguri e congratulazioni. Le bimbe si esaltano ancora per il viaggio in aereo. Anche questa volta facciamo scalo a Dubai. Prima di atterrare a Milano Manisha non si sente bene.
Al controllo immigrazione ci chiedono copia dell’autorizzazione del CAI. Tutto ok.
Recuperiamo i bagagli e paghiamo 2 Euro per il trolley…ben tornati a casa!
Fuori dalla porta degli arrivi veniamo accolti da amici e parenti festanti.
Prendiamo separatamente la strada di casa e Manisha soffre per il distacco da Silly.




giovedì 18 aprile 2013




IL BILANCIO di Elena Pozzi

Dopo più di due anni dall'ultima edizione de “Il giro di giostra” mi sento in dovere di dare una giustificazione a questo lungo silenzio e di fare un bilancio di ciò che è accaduto in questi ultimi due anni.

Chi è rimasto in contatto con Mehala sa che non è stato un periodo facile ma, nonostante tutto, sono ottimista perché credo nella forza di questa nostra piccola grande associazione, nella preparazione e nella dedizione dei nostri pochi validi collaboratori, nella fiducia delle coppie che stanno adottando e hanno adottato con noi, nel contributo costante dei donatori per la realizzazione dei progetti di cooperazione e dei sostegni a distanza, nell'aiuto prezioso dei volontari.

Nell'ambito adozioni devo dire che l'India, il nostro paese storico, ci ha creato non pochi problemi. L'intento dell'Autorità Centrale Indiana è senz'altro encomiabile: saranno loro a scegliere l'istituto che farà la proposta di abbinamento, come succede in tutti i paesi che hanno ratificato la Convenzione de L'Aja. Questo per evitare che, grazie a contatti pregressi tra enti autorizzati e istituti, si instauri un meccanismo di “do ut des” e di favoritismi. Le modalità sono però macchinose: l'India, si sa, è il paese dell'informatica che, applicata all'eccesso e soprattutto in un settore così delicato, ha prodotto più danni che benefici. Dopo un anno di stasi, finalmente siamo riusciti a ripartire, pur con qualche piccolo problema.

Un discorso a parte merita il Kenia: le pocche coppie coraggiose che hanno deciso di adottare in Kenia e di rimanervi otto-nove mesi dovrebbero ottenere la cittadinanza onoraria!

Novità dal Burkina Faso, dove siamo stati finalmente accreditati e dove partiranno a breve le prime coppie.

Grande successo nel settore cooperazione: il 1° novembre è stato inaugurato il Centro Sanitario di Bilogo nel distretto di Ouagadougou. E' il progetto più importante di Mehala, che ci è stato possibile realizzare grazie alla generosità dei donatori e che ha ottenuto il riconoscimento e il plauso del Ministero della Salute burkinabé. Grazie al Centro Sanitario di Bilogo le mamme saranno assistite durante il parto, i bambini saranno vaccinati e tutti gli abitanti del villaggio di Bilogo avranno diritto a una prima assistenza sanitaria.
Una precisazione: il Centro Sanitario è funzionante, ma Mehala deve ancora estinguere un prestito con la banca. Il vostro aiuto è  prezioso!

Concludo con un appello:l'Hotel Maternel, un istituto di Ouagadougou che ospita circa 50 bambini in stato di abbandono, di cui 14 da 0 a 1 anno, ha un bisogno estremo di latte in polvere. Abbiamo promesso che li avremmo aiutati, anche perché il contributo che ricevono dal Ministero dell'Azione Sociale non è sufficiente a coprire le spese per il personale e per il vitto.

Un affettuoso augurio di un sereno Natale a tutti voi, ai vostri bambini e a quelli che ancora aspettano di abbracciare la mamma e il papà.

lunedì 15 aprile 2013


L’incontro con mia figlia – di Claudio Santambrogio

6 novembre 2012 dopo una notte insonne, passata a pensare all'incontro con le nostre figlie, il giorno atteso da tanto tempo finalmente è arrivato. Carichi come delle molle, facciamo colazione ed assieme a Rajeev saliamo sulle macchine che ci portano, da li a breve, ad incontrare Silly e Manisha. Nelle nostre teste stanno passando mille pensieri (chissà come le accoglieremo, saremo all'altezza, riusciremo a trattenere qualche piccola lacrima di gioia che sicuramente scenderà....) neanche il tempo di pensare a tutto ciò, ci ritroviamo davanti al portone dell' istituto, l'adrenalina sale a mille, si  entra e già udiamo le voci dei bambini che chiamano Silly e Manisha sono arrivati mamma e papà. Il cuore sta viaggiando a mille, ci guardiamo in torno un po’ spaesati e poi... incontriamo le nostre dolcissime Bimbe. Un momento indimenticabile carico di emozioni  che ci accompagnerà per sempre. La giornata scivola via velocemente tra una foto e l'altra, visitiamo le camere delle nostre figlie, la sala dei giochi e la scuola dove incontriamo anche gli altri bambini ed è subito una gran festa. Si esce dall'istituto con un po’ di tristezza ma con il ricordo di aver trascorso una giornata assieme alle Tate e agli altri bambini indimenticabile che porteremo con noi nei nostri cuori. IL soggiorno a Nuova Delhi ci a dato la possibilità di iniziare ad interagire con le nostre figlie e tra alti e bassi ci siamo ritrovati subito a confrontarci con la realtà di essere dei genitori pronti(o quasi) a gestire le varie situazioni. Crediamo comunque che la settimana trascorsa all'Upall hotel si poteva evitare e tornare subito in Italia visto che le nostre figlie chiedevano  solo quello. 

martedì 9 aprile 2013


BARSA

Circa tre anni e mezzo, dai primi approcci al Tribunale dei minori al viaggio.
Siamo sul bordo di una parete di arrampicata alta 50 metri, quando ricevo la telefonata di Manuela che ci annuncia la lieta novella…. Si parte.
E’ il 5 agosto dell’anno scorso. Calo Patrizia e facciamo l’ultimo tiro di corda, si chiama “lenti serpenti”, la roccia è bollente, la saliamo di corsa, alla faccia dei serpentilenti….
16 agosto, rientro dallo Spigolo Vinci al Cengalo, a pochi minuti dalla macchina una bella doccia fredda. Mi si incastra un piede fra due sassi nel sentiero in discesa, 18 chili di zaino, troppo veloce…… frattura scomposta di tibia e perone. Sarà un casino volare in India…..
E l’ultimo timbro sul passaporto di Barsa che non arriva mai? Partiamo il 4 di febbraio di quest’anno, dopo quattro rinvii di biglietto aereo. Un’attesa snervante, ma per fortuna mi ha consentito di fare il viaggio senza sedia a rotelle e senza stampelle.
Buffo suonare al check-in di Kolkata, l’inserviente mi guarda smarrito quando mi passa il metal detector sulla tibia. Nessun problema, l’ho fatto svenire con la radiografia che avevo preventivamente messo sul cellulare.
Rimaniamo solo una settimana, in India, contro le tre previste per bimbi dell’età di Barsa. Ho controlli e fisioterapie da fare a casa ed il Ministero acconsente l’abbreviazione del periodo.
Diversamente dalle indicazioni per cui avremmo visto Barsa il primo giorno in Istituto e saremmo andati a prenderla per andarcene il secondo, anche la conoscenza è stata breve. Poche ore e con un grosso strappo dentro abbiamo chiuso la portiera della macchina, inseguiti dagli sguardi tristi e dai pianti di Barsa, dei suoi amici e delle sue Insegnanti. Un momento di tristezza molto forte.
Bubaneshwar, Kolkata, Zoccorino.
Dai + 20° di minima ai -15° padani del mattino a metà febbraio. Sei in casa un po’ spaesata, con il cappotto, il berretto ed i guanti.
Fortuna che c’è Skype e così riesci a parlare con i tuoi amici e maestre quando vuoi, cosa che continui a fare perché i tuoi legami sono sacri ed è bene che, se vorrai, continueranno ad esserci.
Grazie Skype, ti farei un monumento. Già mi vedevo sul lastrico e senza casa, a dover pagare la bolletta Telecom di 2-3 ore di chiamata al giorno con Cuttack, usanza dei primi mesi…..




E le vacanze? Tre settimane tutte nostre a Perledo, nella casona, con gli amici colombiani, figli adottivi di Paola ed Andrea, le gite e le arrampicate in riva al lago.
Ormai sono passati dieci mesi Barsa, stai facendo passi da gigante, la scuola, il nuoto, gli amici…
A volte ancora difficile comprenderci, tu sai bene l’Oriya, così così l’inglese, noi sappiamo l’italiano, un po’ di padano, un po’ di inglese. Risultato? A volte proviamo a gesti e con disegni, a volte…..  beh riproveremo quando riusciremo a capirci.
Sei gasata per l’arrampicata, ci stai chiedendo quando ti porteremo a sciare…
… e nessuno te l’ha imposto!
Faremo grandi cose Barsa. Basta che tu lo voglia e la disponibilità di Mà e Pà ci sarà.
Ti voglio bene Barsa, dopo un periodo iniziale di diffidenza volpesca (smuovere un volpone di 54 anni neo papà non è facile) tutto sta filando meglio. E questo soprattutto grazie alla tua energia e voglia di apprendere.

Un abbraccio stretto, Barsa.
Papà Enrico (Volpe)


venerdì 5 aprile 2013


Questo è il mio pensiero 
– Riflessioni di minori adottivi sui temi sensibili dell’adozione -

Grazie al contributo della Provincia di Lecco, a partire dal mese di gennaio 2013 Mehala realizzerà un progetto innovativo il cui obiettivo principale è quello di valorizzare la prospettiva dei minori adottivi in merito a quelli che sono stati definiti Temi Sensibili dell’Adozione (TSA), tra i quali l’informazione sull’essere stati adottati, l’abbandono, il confronto con il passato.
Il fine è di ottenere una visione di questi temi la cui conoscenza è considerata elemento facilitante per un’adeguata crescita e integrazione delle famiglie adottive; questi concetti sono infatti utilizzati dagli operatori per la formazione di coppie aspiranti l’adozione.
Mehala sceglie di dare voce ai veri protagonisti: i bambini.
A conclusione del progetto, verrà pubblicato un libro che racchiuderà il loro pensiero in merito.
L’intervento consisterà in un colloquio psicologico (preferibilmente condotto dallo psicologo che già conosce il bambino) indipendentemente dal periodo di inserimento in famiglia.
Durante il colloquio verranno proposte al bambino alcune domande sulle tematiche specifiche riferite all’adozione, le risposte verranno registrate al fine di poter trascrivere fedelmente “il pensiero del bambino”.
In particolare i bambini verranno sollecitati a esprimere la loro opinione su:
·        La modalità e il loro grado di soddisfazione dell’informazione ricevuta sul proprio status di figlio adottivo
·        Il proprio pensiero rispetto agli eventi riferiti al passato
·        L’immagine dei genitori adottivi
·        La propria identità etnica
·        Il legame di attaccamento con i genitori adottivi
·        L’inserimento scolastico
·        Il proprio pensiero sull’esperienza dell’abbandono

I colloqui saranno rivolti a bambini dai 4 ai 14 anni, non necessariamente adottati tramite l’Ente Mehala, e aperti anche a minori provenienti dall’adozione nazionale.

L’aspetto innovativo della proposta fatta da Mehala è di dar voce ai pensieri dei diretti interessati e veri protagonisti dell’esperienza adottiva: i bambini.
Non sempre infatti le riflessioni del bambino sono allineati con le interpretazioni fatte degli adulti.

Crediamo che i risultati di questo progetto, tradotti in una pubblicazione, potranno fornire un indubbio contributo alla letteratura esistente sui temi adottivi, che troppo spesso fanno parlare gli adulti tenendo in silenzio i bambini.


mercoledì 3 aprile 2013


குடும்பத்தின் நாட்குறிப்பில்
di Micaela Paris

L’ATTESA. Oggi è un anno esatto. Un anno da quando ti abbiamo finalmente conosciuto in quella foto che Marco, Olivia e Serena ci hanno mostrato con le lacrime agli occhi … Tu non lo sai ma questo ultimo anno hai vissuto con noi, nei nostri cuori, nei nostri pensieri... Queste settimane sono durissime perché aspettiamo ogni giorno una chiamata da Marco o Manuela, che puntualmente non arriva! Ma noi non demordiamo:ogni giorno è quello buono, io non smetterò mai di svegliarmi e aspettare che il telefono suoni. Ti amo tanto, la tua mamma.

LA PARTENZA. Malpensa, Terminal 1, pista di decollo 35 destra. Tra un giorno e mezzo ti vedremo per la prima volta. Ieri è stata una giornata faticosa, tuo padre lavorava e io ho pulito tutta la casa, ho messo in ordine la tua cameretta. Poi ho cominciato a fare le valige: che disastro, alla fine ero davvero sfinita … Arriva a casa papà dal lavoro e cosa scopro? Per fotocopiare tutti i tuoi documenti al meglio ha “spinzato” quelli più importanti con i timbri tra una pagina e l’altra! Sono impazzita. Ho cominciato a urlare: “Cosa hai fatto???La sentenza, il NOC l’affidavit”. Lui, bianco come un cencio mi dice un timido “Non si poteva?”… ha preso la macchina e ha girato le cartolerie della Brianza per trovare la pinzatrice della misura giusta e abbiamo riassemblato il tutto … che paura!
L’INCONTRO. Alle 10.00 eravamo in Istituto … alle 11.15  non avevamo ancora visto nessuno. Almeno tutto quel tempo è servito a rigettare quel pianto che mi assaliva … Poi siamo saliti e a quel punto è scomparsa la tensione, non vedevo l’ora di incontrarti, tutti i dubbi che mi avevano assalito (gli piacerò, mi piacerà, saremo capaci di essere i genitori che si merita) erano svaniti, sono corsa dietro alla Miss e ti ho visto: un colpo di fulmine … ci hai accolto con un mezzo sorriso, non sembravi molto convinto … ti abbiamo regalato un leoncino di peluche. Ad un certo punto sei sparito, ti abbiamo cercato e ti abbiamo trovato sulle scale intento a mettere i sandali: volevi andare via, anzi venire via con noi!
DURANTE.
… ieri è stata una giornata molto faticosa, mi hai sfidato tutto il giorno e avevi una rabbia a cui sorridevo, ma che “dentro” mi faceva paura.
… (in albergo)siamo davvero molto annoiati, i giochi (anche quelli nuovi) non sono più sufficienti. La temperatura troppo alta ci permette di uscire solo alle 16.30 e per il resto della giornata paghiamo la noia …
… prima volta nel tuo lettino! Non ti piace perché io vado via quando dormi.
… oggi ti abbiamo punito, so che hai bisogni di amore e comprensione: ma io non sono Gandhi!!!!
… sei un gioiellino di bambino e noi siamo sempre più innamorati di te!

EPILOGO. Oggi sono andata in Tribunale a ritirare la sentenza definitiva di adozione. E’ stato emozionante, quando sono uscita dalla cancelleria mi sono seduta su quella sedia che ci aveva ospitato diverse volte e ho pianto. Un pianto liberatorio, di gioia.
Ripensavo al primo giorno insieme: come eravamo diversi! Io e papà ci illudevamo, desideravamo essere già una famiglia, che tu ci potessi già sentire tuoi genitori. Ora vedo chiaramente quello che deve essere stato il tuo profondo disagio, la tua paura … e noi come ebeti ubriachi non l’abbiamo capita. Lo vedo ora, che è passato un po’ di tempo, che siamo una famiglia. M.G.A.