lunedì 14 febbraio 2011

Imparare a giocare. Non solo a fare ludoterapia.


E’ morto qualche giorno fa Giovanni Bollea, il papà della neuropsichiatria infantile. Aveva 98 e dagli anni 50 instancabilmente si era occupato della connessione tra il potenziale innato del bambino e l’ambiente sociale e familiare nel quale questi è inserito.
Era un uomo essenziale, con una visione dell’infanzia molto diversa da quella con la quale ci confrontiamo quotidianamente.
Aveva un ricordo forte della propria famiglia, dell’impornta etica che proprio dalla famiglia aveva ricevuto e dichiarava con grande serenità che la sua morale il suo desiderio di giustizia e di darsi agli altri derivava dalle parole del padre che, quando Giovanni aveva otto anni, lo aveva condotto a vedere la casa del Lavoro di Torino, bruciata dai fascisti e gli aveva detto: “ Ricorda, Giovanni, ricorda sempre.”
Si è occupato di asili nido ed ha sempre auspicato una scuola a misura di bambino nella quale si sviluppasse un’alleanza tra genitori consapevoli del loro ruolo e della loro responsabilità e insegnanti che intendessero la scuola come luogo di valori di merito e di solidarietà. Ha sostenuto battaglie per la partecipazione dei giovani alla vita pubblica, portando a 16 anni il voto alle elezioni amministrative.
Ha colto il disorientamento dei genitori di oggi timorosi di intromettersi nella vita dei figli in nome della libertà e dell’indipendenza, ed ha sempre sostenuto di “dare meno” ai figli in termini di consumismo. Così come ha preso le distanze dai giochi educativi, suggerendo ai genitori di incoraggiare i bambini a giocare utilizzando la fantasia ….era solito dire che i giochi più belli passavano attraverso la fantasia della madre e le mani del padre…per cui bastavano due pezzi di legno per giocare con il proprio figlio.
Per lui educare significava andare verso i bambini, ascoltarli, sentirli, concedere loro tempo per bighellonare, vivere insieme con gioia e senza timore di sbagliare perché era certo che “ i figli perdonano sempre quando si sentono ascoltati”.
Consigliamo la lettura di uno dei suoi testi. “ Le madri non sbagliano mai”, per conoscere il suo pensiero e riconoscerne la valenza educativa.

mercoledì 2 febbraio 2011

Dove dormono i bambini


Questo bambino di nove anni frequenta una scuola per ex-bambini soldato in Costa d'Avorio, nell'Africa occidentale. Il suo nome deve restare segreto per proteggere la sua identità: se questa fosse rivelata, la sua vita sarebbe in pericolo. Migliaia di bambini, molti dei quali orfani, sono stati reclutati per combattere la violenta guerra civile, convinti ad arruolarsi in cambio di promesse di denaro, cibo e vestiario e poi sparpagliati in giro per il paese durante in conflitto per far perdere loro i legami con il villaggio natale. Sono diventati degli sfollati. Questo bambino è orfano e ha tre fratelli. Adesso vive in un tugurio di cemento con altri alunni della scuola. Il suo piatto preferito è riso con pomodoro, carne e pesce mescolati insieme. Gli piace il calcio e da grande vorrebbe diventare un insegnante

"Dove dormono i bambini" è l'ultimo progetto editoriale di Fabrica, il laboratorio creativo del Gruppo Benetton ed è pubblicato in Italia da Contrasto. Gli scatti sono di James Mollison, fotografo di fama internazionale che si è formato a Fabrica, ha girato il pianeta per fotografare i luoghi dove dormono i bambini. Un modo per entrare con delicatezza nella loro quotidianità e scoprire come i bambini siano per certi aspetti così vicini tra di loro, anche se vivono lontani, e viceversa. Il risultato di questo viaggio attorno al globo è un libro, che parla dei bambini di oggi per rivolgersi agli adulti di domani e incitarli, avvicinandoli alle storie di loro coetanei, a combattere le disparità sociali.
Fonte: La Repubblica.it