venerdì 3 maggio 2013


BAMBINI GRANDI

Quando un bambino si può considerare “grande”? Perché la maggior parte dei genitori adottivi si dice disponibile ad accogliere un bambino entro la famosa “età scolare”? E quelli che questa età l’hanno già superata si possono definire grandi? Come al solito, tutto è relativo; per alcune coppie è già grande un bambino di tre anni, per altre uno di otto può apparire ancora piccolino.
È inevitabile lasciarsi influenzare dall’età anagrafica dei propri bimbi, facendo calcoli e confronti con i coetanei, cercando similitudini e differenze. Nella realtà un bimbo di dodici anni cresciuto in un istituto appare fisicamente molto simile ad un bimbo nato e cresciuto nella propria famiglia di circa sette/otto anni. Il motivo di questo divario può essere attribuito alla trascuratezza nella quale questi bimbi spesso vivono, alla denutrizione, alla poca attività fisica che fanno, ma anche, e soprattutto, alla mancanza di una mamma e di un papà, figure indispensabili per accompagnare il bambino nel complicato compito di crescere e diventare grande.
È stato dimostrato come, nei mesi successivi all’arrivo in famiglia, il bambino  cresca e si sviluppi velocemente. Questa crescita avviene sia a livello mentale, grazie ai numerosi nuovi stimoli ed esperienze che il bambino fa o alla necessità di imparare una nuova lingua, ma anche a livello fisico, come a voler dimostrare che fino a quel momento avesse semplicemente aspettato a crescere e svilupparsi per poterlo fare all’interno della sua famiglia, sostenuto dai suoi genitori.
Spesso si dice che i bimbi che arrivano in famiglia tramite l’adozione sono bambini che hanno più di un’età. Questi bambini hanno infatti, oltre ad un’età anagrafica, spesso nemmeno certa, molte altre età che si sentono o che hanno voglia di avere in quel momento (a volte meno di un anno, quando chiedono a mamma e papà di tenerli in braccio e cullarli come si fa con un neonato, altre volte molti di più, quando vogliono essere indipendenti e rifarsi da soli il letto o pulire la propria camera).
Ma perché allora la maggior parte dei genitori teme che il proprio figlio diventi grande troppo in fretta?
Credo che tutti i genitori nel profondo abbiano desiderato almeno una volta di poter fermare il tempo per far sì che il proprio bimbo rimanga piccolino il più possibile, ma i figli hanno anche bisogno di crescere, e hanno bisogno di genitori che siano pronti a farli crescere, lasciando fare alla natura il suo corso.
Un dato di fatto da considerare è che la realtà dell’adozione internazionale è molto variata negli ultimi anni; vi sono infatti numerosi fattori che determinano un progressivo cambiamento delle caratteristiche dei bambini adottabili.
In particolare, negli ultimi anni, si è registrato un graduale aumento dell’età media dei bambini al
momento dell’adozione, passata da 5,5 anni del 2008 a 6,1 anni nel 2011 (dati CAI). Più precisamente, oltre un terzo dei bambini adottati nel 2011 (36,1%) ha un’età compresa fra 1 e 4 anni, il 45,2% fra 5 e 9 anni, il 13,3% pari o superiore a 10 anni, mentre solo il 5,4% è sotto l’anno.
Questo incremento di età è da attribuirsi principalmente ad un progressivo diffondersi, nei Paesi di origine, della pratica dell’adozione nazionale che, ovviamente, privilegia i minori piccoli e privi di problematiche particolari, destinando all’adozione internazionale coloro che non trovano una famiglia disponibile nel loro Paese.
Ma cosa temono di più i genitori adottivi che sperano di ritardare e rimandare il più possibile la crescita del proprio bimbo? Sicuramente un tema tanto importante quanto impegnativo è il racconto della storia, i ricordi e i racconti legati alle origini: il bambino più è grande, più possiede maggiori capacità per esprimersi e per raccontare ciò che ha vissuto e che ricorda; è infatti maggiormente consapevole di quanto gli è accaduto prima e dopo l’adozione. È indispensabile che i genitori adottivi siano più che pronti e attrezzati nell’accogliere e gestire il bagaglio più voluminoso ed esplicito del proprio figlio.
Altro aspetto importante è la costruzione del legame di attaccamento che i genitori sono stati in grado di creare con i loro figli; questo legame influenzerà infatti le percezioni che il figlio adolescente avrà di sé e le sue relative sicurezze o insicurezze.
Svariate ricerche hanno dimostrato che, seppure l’aumento dell’età all’adozione è spesso correlato ad una maggiore percentuale di attaccamenti insicuri, i figli adottivi presentano percentuali di attaccamento sicuro di gran lunga superiore ai loro pari istituzionalizzati; questo dato ci fa capire come una modifica dello stile di attaccamento sia possibile anche in età più avanzate.
Un ultimo aspetto che risulta essere correlato all’età è quello relativo all’apprendimento, spesso punto di maggior preoccupazione dei genitori poiché correlato al rendimento scolastico.
È inevitabile come il periodo sempre maggiore trascorso dal bambino in istituto o comunque senza i suoi genitori, prima dell’adozione, agisca su un insieme di fattori, fisici e psicologici che, influenzando il funzionamento complessivo del soggetto relativamente ai processi cognitivi e alle competenze neuro-motorie, avrà delle ricadute sull’apprendimento.
Nonostante queste difficoltà, l’adozione di bambini “grandi” è una realtà che si sta imponendo e s’imporrà sempre di più nell’adozione internazionale.
È importante non sottovalutarne la specificità, con la giusta considerazione e conoscenza dei numerosi punti critici, che, se gestiti con tutta la tranquillità e serenità possibile, permetterà anche ai bambini più grandicelli di poter trovare i propri genitori dall’altra parte del mondo.

Forse, dopotutto, non esistono bambini grandi ma solo bambini con età diverse.

Benedetta Panzeri

Nessun commento: