mercoledì 31 marzo 2010

L'insostenibile leggerezza della parola

Negli ultimi giorni la Coldiretti ha lanciato una campagna di adozioni (proprio così: adozioni) di mucche, maiali, campi concimati... Lungi da noi il desiderio di essere degli estremisti della parola, ma a volte si ha la sensazione che taluni termini vengano utilizzati con leggerezza, se non proprio impropriamente. Abbiamo cercato sul "Devoto Oli" il significato di "adozione". Riportiamo: "Istituto giuridico che permette di formarsi una filiazione civile, cioè fondata su un consenso e una disciplina legale... Adozione a distanza: quella che consente di provvedere al mantenimento e all'educazione di un minore nel suo paese d'origine... estens. Scelta: l'adozione dei libri di testo; elezione: patria di adozione; attuazione: l'adozione di un provvedimento"... Nulla si dice di mucche, maiali e campi. Allora abbiamo guardato anche il verbo "adottare" e abbiamo letto: "1. Prendere come proprio il figlio d'altri mediante l'atto legale dell'adozione. 2. Far proprio, accogliere come proprio"... Anche qui mancano mucche, maiali e pure cani (a dire il vero). Insomma, diciamolo: dare una notizia con un titolo del tipo "aumentano le adozioni di mucche e di maiali" o lanciare iniziative battezzandole come "adotta un maiale" non necessariamente è un modo per utilizzare la parola in modo corretto. Altrimenti, se proprio si vuol giocare sugli equivoci, allora facciamolo a 360 gradi. Ad esempio: "Ho appena avuto un figlio!! E' rosa e vive nella porcilaia"... o ancora: "Mio figlio? Ha preso tutto da me: mangia solo erba e rumina per ore ed ore"... si scherza, chiaro. Ma neppure troppo...

Nessun commento: