MARIO S’E’ FERITO MA NON A UNA GAMBA
Non amo il calcio e non sono mai stato di quelli che
venivano scelti per primi, nel far le squadre, sugli improvvisati e polverosi campetti di calcio che ho
frequentato durante il periodo delle scuole elementari. Mio figlio,
ovviamente, è una sorta di invasato. Letteralmente stregato da
questo gioco. Non so quanto portato, non ho le competenze ne la voglia per
esprimere una valutazione. Dal mattino si parte con la scelta della palla
adatta, dell’abbigliamento più adeguato alle fantasticate sfide. Mi ha
confidato un sogno: vedere il suo piede crescere fino al numero 28 così da
poter acquistare le scarpe di “cancio”. Marca Decathlon. Le migliori, gli dico
sempre.
Mio figlio ha un idolo. Si chiama Mario Balotelli, è tutto
marrone ed è un campione vero.
Ho ancora qualche
resistenza nel monopolizzare le serate davanti a una partita di calcio, e
ancora di più nel proporgli di andare allo stadio. Ma alle sue insistenze cedo
mostrando dei video di Mario Balotelli su YouTube.
Confesso. Mario Balotelli ha stregato anche me. In ogni suo
gesto, atteggiamento, o modo di porsi c’è la sua rivincita, accecata e
irrazionale, che solo chi è stato scottato nell’affetto potrà capire.
Mario è stato posto in affidamento presso una famiglia della
provincia di Brescia quando aveva meno di due anni. La prima ferita di Mario.
A Brescia Mario è cresciuto in una famiglia che lo ha fatto
sentire figlio, ma per l’anagrafe e per il Tribunale Mario era ancora cittadino
straniero. La seconda ferita di Mario.
Mario a calcio gioca bene e se ne accorgono presto. Inizia
giovanissimo e i successi non mancano tanto da poter pensare di giocare nella
Nazionale. A Mario viene proposto di giocare nella nazionale Ghanese ma in
quella Italiana nemmeno per sogno. Mario ha origini Ghanesi, ma in Ghana non
c’è mai stato. La terza ferita di Mario.
L’affidamento di Mario si trascina per sedici lunghi anni,
finalmente giunge alla maggiore età. Ed è a lui, da un giorno all’altro
diventato uomo, che si chiede come si vuol chiamare di cognome. Di chi vuole
diventare ufficialmente figlio. La quarta ferita di Mario.
La scelta di Mario è determinata ma non scontata. Molte le
situazioni di affidi “sbagliati”, che si ostinano a chiamare sine die,
in cui i ragazzi, a diciotto anni, posti di fronte a questa scelta, non sanno
più cosa vogliono, a chi appartengono. Il senso di colpa legato a questa
scelta, quale che sia, è lacerante.
Mario diventa Mario Balotelli. Il Comune, con cerimonia
annessa, concede la cittadinanza italiana, a lui, dopo diciotto anni di
permanenza costante in Italia, con una
famiglia che di cognome fa Balotelli! La quinta ferita di Mario.
Se il sogno di ogni bambino senza una famiglia è quello di
trovarne una, amorevole e capace, il sogno di ogni calciatore è quello di poter
giocare in un grande club. E l’Inter, mi risulta, è uno di questi.
Mario incontra l’Inter.
Sa di essere amato e per questo deve mettere alla prova.
Qualche giorno fa Mario, al termine di una partita
importante, si è tolto la maglia della squadra che l’ha voluto e l’ha buttata a
terra. In segno di spregio. Lo stesso giorno, un altro diciottenne, al termine
di una discussione accesa in casa, ha detto alla madre adottiva “Tu non sei la
mia vera mamma”. In segno di spregio. La sesta ferita di Mario.
Marco Porta
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