BAMBINI GRANDI
Quando un bambino si può considerare “grande”? Perché la
maggior parte dei genitori adottivi si dice disponibile ad accogliere un
bambino entro la famosa “età scolare”? E quelli che questa età l’hanno già
superata si possono definire grandi? Come al solito, tutto è relativo; per
alcune coppie è già grande un bambino di tre anni, per altre uno di otto può
apparire ancora piccolino.
È inevitabile lasciarsi influenzare dall’età anagrafica dei
propri bimbi, facendo calcoli e confronti con i coetanei, cercando similitudini e differenze. Nella realtà un bimbo di dodici anni
cresciuto in un istituto appare fisicamente molto simile ad un bimbo nato e
cresciuto nella propria famiglia di circa sette/otto anni. Il motivo di questo
divario può essere attribuito alla trascuratezza nella quale questi bimbi
spesso vivono, alla denutrizione, alla poca attività fisica che fanno, ma
anche, e soprattutto, alla mancanza di una mamma e di un papà, figure
indispensabili per accompagnare il bambino nel complicato compito di crescere e
diventare grande.
È stato dimostrato come, nei mesi successivi all’arrivo in
famiglia, il bambino cresca e si
sviluppi velocemente. Questa crescita avviene sia a livello mentale, grazie ai
numerosi nuovi stimoli ed esperienze che il bambino fa o alla necessità di
imparare una nuova lingua, ma anche a livello fisico, come a voler dimostrare
che fino a quel momento avesse semplicemente aspettato a crescere e svilupparsi
per poterlo fare all’interno della sua famiglia, sostenuto dai suoi genitori.
Spesso si dice che i bimbi che arrivano in famiglia tramite
l’adozione sono bambini che hanno più di un’età. Questi bambini hanno infatti,
oltre ad un’età anagrafica, spesso nemmeno certa, molte altre età che si
sentono o che hanno voglia di avere in quel momento (a volte meno di un anno, quando chiedono a mamma e papà di tenerli in braccio e cullarli come si
fa con un neonato, altre volte molti di più, quando vogliono essere
indipendenti e rifarsi da soli il letto o pulire la propria camera).
Ma perché allora la maggior parte dei genitori teme che il
proprio figlio diventi grande troppo in fretta?
Credo che tutti i genitori nel profondo abbiano desiderato
almeno una volta di poter fermare il tempo per far sì che il proprio bimbo
rimanga piccolino il più possibile, ma i figli hanno anche bisogno di crescere,
e hanno bisogno di genitori che siano pronti a farli crescere, lasciando fare
alla natura il suo corso.
Un dato di fatto da considerare è che la realtà dell’adozione
internazionale è molto variata negli ultimi anni; vi sono infatti numerosi
fattori che determinano un progressivo cambiamento delle caratteristiche dei
bambini adottabili.
In particolare, negli ultimi anni, si è registrato un
graduale aumento dell’età media dei bambini al
momento dell’adozione, passata da 5,5 anni del 2008 a 6,1 anni nel 2011
(dati CAI). Più precisamente, oltre un terzo dei bambini adottati nel 2011
(36,1%) ha un’età compresa fra 1 e 4 anni, il 45,2% fra 5 e 9 anni, il 13,3%
pari o superiore a 10 anni, mentre solo il 5,4% è sotto l’anno.
Questo incremento di età è da attribuirsi
principalmente ad un progressivo diffondersi, nei Paesi di origine, della
pratica dell’adozione nazionale che, ovviamente, privilegia i minori piccoli e
privi di problematiche particolari, destinando all’adozione internazionale
coloro che non trovano una famiglia disponibile nel loro Paese.
Ma cosa temono di più i genitori adottivi che sperano
di ritardare e rimandare il più possibile la crescita del proprio bimbo? Sicuramente
un tema tanto importante quanto impegnativo è il racconto della storia, i
ricordi e i racconti legati alle origini: il bambino più è grande, più possiede
maggiori capacità per esprimersi e per raccontare ciò che ha vissuto e che
ricorda; è infatti maggiormente consapevole di quanto gli è accaduto prima e
dopo l’adozione. È indispensabile che i genitori adottivi siano più che pronti
e attrezzati nell’accogliere e gestire il bagaglio più voluminoso ed esplicito
del proprio figlio.
Altro aspetto importante è la costruzione del legame
di attaccamento che i genitori sono stati in grado di creare con i loro figli;
questo legame influenzerà infatti le percezioni che il figlio adolescente avrà
di sé e le sue relative sicurezze o insicurezze.
Svariate ricerche hanno dimostrato che, seppure
l’aumento dell’età all’adozione è spesso correlato ad una maggiore percentuale
di attaccamenti insicuri, i figli adottivi presentano percentuali di
attaccamento sicuro di gran lunga superiore ai loro pari istituzionalizzati; questo
dato ci fa capire come una modifica dello stile di attaccamento sia possibile
anche in età più avanzate.
Un ultimo aspetto che risulta essere correlato all’età
è quello relativo all’apprendimento, spesso punto di maggior preoccupazione dei
genitori poiché correlato al rendimento scolastico.
È inevitabile come il periodo sempre maggiore
trascorso dal bambino in istituto o comunque senza i suoi genitori, prima
dell’adozione, agisca su un insieme di fattori, fisici e psicologici che,
influenzando il funzionamento complessivo del soggetto relativamente ai
processi cognitivi e alle competenze neuro-motorie, avrà delle ricadute
sull’apprendimento.
Nonostante queste difficoltà, l’adozione di bambini
“grandi” è una realtà che si sta imponendo e s’imporrà sempre di più
nell’adozione internazionale.
È importante non sottovalutarne la specificità, con la
giusta considerazione e conoscenza dei numerosi punti critici, che, se gestiti
con tutta la tranquillità e serenità possibile, permetterà anche ai bambini più
grandicelli di poter trovare i propri genitori dall’altra parte del mondo.
Forse, dopotutto, non esistono bambini grandi ma solo bambini
con età diverse.
Benedetta Panzeri
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