L’INCONTRO CON NOSTRO FIGLIO
Enzo ed Enza hanno adottato il loro figlio Animesh
attraverso Mehala. Sono diventati una famiglia nel novembre 2009. Questo è il
diario del loro primo incontro.
Questo è il giorno che,
se anche campassi cent’anni, non dimenticherò mai!
L’incontro con nostro figlio è stata la cosa più incredibile
che potesse avvenire.
La giornata era cominciata come se nulla fosse. Ho dormito
quasi regolarmente, ed il “quasi” è semplicemente per motivi di fuso orario,
non ancora del tutto assimilato.
Verso le nove, durante la colazione, non nego di aver
provato un po’ di fastidio per il fatto di non essere in uno stato di
adrenalina ai massimi livelli, ma al contrario quasi in uno stato di apatia
mista a sonnolenza. Le cose cominciano a
cambiare mano a mano che ci avviciniamo
all’istituto. I battiti aumentano e con essi tutti i miei timori.
Sono circa le 10,30 quando ci aprono le poste dell’istituto.
L’emozione sale, l’edificio corrisponde a ciò che avevamo visto nel filmato:
vecchio ma ben curato.
Veniamo accolti da un’assistente molto cordiale. Ci porta al
secondo piano, in una stanza molto grande che viene chiamata “family room”,
dove avvengono gli incontri tra i genitori e i propri bambini.
Siamo scalzi. Una giusta forma di rispetto per quel luogo
dove tutti sono a piedi nudi.
Dopo circa 10 minuti il referente indiano ci chiama fuori
dalla stanza ed in quel momento si ferma il tempo: appare nostro figlio con due
mazzolini di fiori, uno per la mamma e uno per me, mi avvicino e mi chiede: “How
are you?”. Mi chino, prendo i fiori e lo bacio…Rimango per circa 15 secondi in
stato catatonico, ma non piango ed è già un buon segno!
Gli hanno messo, come si suol dire, il vestito della festa:
maglietta gialla a maniche lunghe, un paio di pantaloni blu, calzini e scarpe
da ginnastica di due numeri più piccole. Infatti ci rendiamo conto che ha una
strana camminata, quasi da ubriaco! Più tardi, per fortuna gli fanno togliere
le scarpe e gli danno un paio di ciabattine di gomma.
Sorride e ci guarda un po’ intimidito. E’ imbarazzato dai
nostri abbracci, non sa come comportarsi…
Prendiamo coraggio e gli chiediamo di farci vedere la sua
camera e lui, con piglio sicuro, ci prende e ci guida in una grande stanza dove
ci sono quattro lettini. Nel frattempo si avvicinano altri bambini incuriositi
da questi due visi pallidi ed Enza viene letteralmente rapita da una ragazza
che provvede a decorarle mani e piedi con l’henné. Ci viene spiegato che i
piedi vengono decorati alle donne che diventano madri come buon augurio.
Nostro figlio si dimostra subito come un bambino sveglio e
furbo e nel suo ambiente è un vero capetto, capace di mettere in riga tutti i
suoi amici per la distribuzione delle caramelle che abbiamo portato.
La sua maestra ci fa accomodare nella classe, dove sono
seduti tanti bambini, ci mostra il banco di nostro figlio e lo invita ad una
dimostrazione delle sue facoltà matematiche. Come un bravo soldatino comincia a
contare fino a 100 in
inglese e poi recita una filastrocca con tutte le lettere dell’alfabeto…in quel
momento abbiamo provato una grande tenerezza, capiamo il lavoro che viene fatto
ogni giorno su questi bambini per prepararli all’incontro con i loro futuri
genitori.
Dopo il pranzo “speciale” preparato appositamente per
noi, passiamo alla distribuzione dei
giocattoli. E’ un vero scompiglio, per mezz’ora regna il caos più completo!
Nell’enfasi di voler accaparrarsi qualche gioco o quaderno, mi chiamano
addirittura “Mamy”! Pensate, nello stesso giorno sono diventato papà e mamma!
Verso le 15,30 arriva il momento del commiato. E’ il momento
peggiore, maestre che piangono, la sua “mamy”che sparisce dalla circolazione
per non cedere alle lacrime in pubblico…ci sentiamo dei ladri, e non sappiamo
fare altro che ringraziare per tutto quanto hanno fatto in questi anni per il
nostro bambino.
Sono circa le 16,15. Ora sono papà per davvero.
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