venerdì 7 ottobre 2011

Di mele e di adozioni



Si parla spesso di fallimenti adottivi, raramente dei successi. Sarà forse per la strategia messa in atto dagli operatori di scandagliare, anche con un pizzico di spietato realismo, le vere motivazioni che spingono un uomo e una donna a volersi mettere in viaggio sul sentiero dell'adozione, ma a tutti coloro che decidono di fare domanda di "disponibilità all'accoglienza" di un bambino biologicamente generato da altri viene costantemente riproposto uno sfondo di fatiche, fallimenti, problemi, possibili crolli.


Tutto giusto, per carità, ma come sempre la luna ha due facce. Come la mela. E tra i tanti  dolorosi insuccessi, oggi vogliamo raccontare una storia dal sapore completamente differente.


E' la storia di Steve Jobs, il padre della Apple, morto l'altroieri per un tumore al pancreas. Il "visionario" è un figlio adottivo. Lo ha raccontato lui stesso, agli studenti di Stanford: "La mia madre biologica era laureanda ma ragazza-madre, decise perciò di darmi in adozione. Desiderava ardentemente che io fossi adottato da laureati, così tutto fu approntato affinché ciò avvenisse alla mia nascita da parte di un avvocato e di sua moglie. All'ultimo minuto, appena nato, questi ultimi decisero che avrebbero preferito una femminuccia. Così quelli che poi sarebbero diventati i miei veri genitori, che allora si trovavano in una lista d'attesa per l'adozione, furono chiamati nel bel mezzo della notte e venne chiesto loro: “Abbiamo 

un bimbo, un maschietto, non previsto; volete adottarlo?”. Risposero: “Certamente”. La mia 
madre biologica  venne a sapere successivamente che mia mamma non aveva mai ottenuto la 
laurea e che mio padre non si era mai diplomato: per questo si rifiutò di firmare i documenti 
definitivi per l'adozione. Tornò sulla sua decisione solo qualche mese dopo, quando i miei genitori adottivi le promisero che un giorno sarei andato all'università".


Senza quei veri genitori, Steve non sarebbe mai diventato il "guru di Cupertino", e il mondo non avrebbe conosciuto l'iPod, l'iPhone o l'iPad. E, soprattutto, non avrebbe mai ascoltato il messaggio folle e irrazionale di un uomo diventato per molti un'icona.


Il segreto del successo sono due genitori che hanno amato senza riserva alcuna quel bambino rifiutato da altri, lo hanno cresciuto coltivando i suoi sogni, non gli hanno nascosto la sua storia e nel raccontargliela gli hanno permesso di conoscere le sue origini senza che queste lo intrappolassero nel passato, nei suoi troppi rimpianti e nei suoi dolorosi rancori.


Scrivo queste povere righe seduto davanti a un Mac. Con l'idea un po' irrispettosa che ogni bimbo adottato e ogni genitore adottivo sono portatori di quel seme folle e geniale che si chiama "sogno". Sono persone che hanno anticipato il consiglio che Steve ha voluto dare agli studenti di Stanford, nel giorno della loro laurea: "Non rimanete intrappolati nei dogmi, che vi porteranno a vivere secondo il pensiero di altre persone". Ogni famiglia che ha piantato radici nell'adozione conosce molto bene questa verità. Che si vive solo rimanendo affamati di sogni e passioni e folli d'amore e di visioni.