mercoledì 31 marzo 2010

L'insostenibile leggerezza della parola

Negli ultimi giorni la Coldiretti ha lanciato una campagna di adozioni (proprio così: adozioni) di mucche, maiali, campi concimati... Lungi da noi il desiderio di essere degli estremisti della parola, ma a volte si ha la sensazione che taluni termini vengano utilizzati con leggerezza, se non proprio impropriamente. Abbiamo cercato sul "Devoto Oli" il significato di "adozione". Riportiamo: "Istituto giuridico che permette di formarsi una filiazione civile, cioè fondata su un consenso e una disciplina legale... Adozione a distanza: quella che consente di provvedere al mantenimento e all'educazione di un minore nel suo paese d'origine... estens. Scelta: l'adozione dei libri di testo; elezione: patria di adozione; attuazione: l'adozione di un provvedimento"... Nulla si dice di mucche, maiali e campi. Allora abbiamo guardato anche il verbo "adottare" e abbiamo letto: "1. Prendere come proprio il figlio d'altri mediante l'atto legale dell'adozione. 2. Far proprio, accogliere come proprio"... Anche qui mancano mucche, maiali e pure cani (a dire il vero). Insomma, diciamolo: dare una notizia con un titolo del tipo "aumentano le adozioni di mucche e di maiali" o lanciare iniziative battezzandole come "adotta un maiale" non necessariamente è un modo per utilizzare la parola in modo corretto. Altrimenti, se proprio si vuol giocare sugli equivoci, allora facciamolo a 360 gradi. Ad esempio: "Ho appena avuto un figlio!! E' rosa e vive nella porcilaia"... o ancora: "Mio figlio? Ha preso tutto da me: mangia solo erba e rumina per ore ed ore"... si scherza, chiaro. Ma neppure troppo...

martedì 23 marzo 2010

Ciao Paola


Se n'è andato un pezzo di Mehala. Paola sorrideva e sapeva arrabbiarsi. Ha amato e ama i suoi figli sopra ogni altra cosa. Ha combattuto contro una malattia ingiusta alla quale ha dovuto arrendersi. Ciao Paola, ti ricordiamo con un sorriso ma non riusciamo a trattenere le lacrime.

venerdì 12 marzo 2010

Prima i bambini

Un immigrato senza permesso di soggiorno va cacciato dall'Italia anche se il figlio frequenta la scuola. Con questa sentenza, la corte di Cassazione da un lato dimostra l'iniquità e la crudeltà di una legge sull'immigrazione che viola i più elementari diritti dell'Uomo, dall'altro rischia di negare ai figli dei clandestini - che potrebbero guardarsi bene dall'esporsi al rischio del carcere e dell'espulsione iscrivendo i propri figli a scuola - un diritto inviolabile del fanciullo: quello all'istruzione.
Oggi il vicedirettore de La Stampa, Massimo Gramellini, dedica il suo "buongiorno" proprio a questo tema, con un intervento di rara umanità che noi dell'associazione Mehala ci sentiamo di sposare nella sua interezza.

I bambini vengono prima
di Massimo Gramellini
La Corte di Cassazione ha stabilito che un clandestino non può restare in Italia solo perché suo figlio frequenta la scuola. La tutela delle frontiere deve prevalere sul diritto del minore allo studio. Che dire? Comprendiamo tutto. L’applicazione rigorosa della legge e anche le reazioni di giubilo che si leggono sui blog: l’augurio è che i giubilanti siano altrettanto implacabili quando si discute di reati contro il patrimonio o di evasione fiscale. Però la comprensione si arresta davanti alla realtà della vita che, a differenza della legge, è fatta di carne. In questo caso della carne di un bambino. Il quale uscirà devastato da un’esperienza del genere, si sentirà assaggiato e sputato come una caramella guasta, quando in fondo la sua iscrizione a scuola era la prova migliore della volontà di integrarlo nella nostra comunità.

Anche ammesso che la maggioranza dei clandestini siano così spietati da venire in Italia con un bimbo in età scolare solo per turlupinarci (ma ne avete parlato con la badante di vostra madre?), rimane il fatto incontrovertibile che quel bambino è un bambino. E che i diritti dell’infanzia, in una società che voglia distinguersi da un agglomerato di selvaggi, dovrebbero ancora significare qualcosa. E’ un pensiero buonista? No, è un pensiero umano. E mi rifiuto di credere che questi tempi spaventati ci abbiamo reso così insensibili da non cogliere la differenza. Da non capire più la semplice verità inculcata da generazioni di educatori: i bambini vengono prima.

lunedì 1 marzo 2010

Adozioni in Nepal: tra coerenza e interesse


Talvolta, durante il cammino, è necessario fare delle scelte. Scelte di coerenza, scelte etiche e, talvolta, scelte difficili. Mehala è autorizzata dalla Commisisone per le Adozioni Internazionali a operare in Nepal: il passaggio successivo sarebbe la richiesta di accreditamento all'Autorità Centrale Nepalese.
Le modalità di accreditamento e il funzionamento delle procedure adottive ci appare tuttavia poco chiaro e non sufficientemente trasparente.
Alcuni stati stanno richiedendo a gran voce di sospendere le adozioni dal Nepal.
E' il momento delle scelte. Questa è la nostra: Mehala intende comprendere l’impegno, da parte del Governo nepalese, a rispettare concretamente i principi sanciti dalla Convenzione de L’Aja. Solamente una volta ricevute determinate rassicurazioni a tal proposito, valuterà l’opportunità di riprendere la procedura di accreditamento in Nepal.